Tecarterapia Plantare

Il dolore al piede potrebbe essere un sintomo di una fascite plantare, ovvero di un’infiammazione a carico dell’aponeurosi plantare. La prima cosa da fare quando si avverte dolore o fastidio è interrompere gli allenamenti se si è atleti oppure cercare di riposarsi il piú possibile. Esami diagnositici come l’ecografia possono confermare l’esito della valutazione iniziale. La tecarterapia plantare insieme agli ultrasuoni si rivela utile per risolvere definitivamente il problema.

Il dolore alla pianta del piede può insorgere al centro del tallone o della pianta intera e prolungarsi fino alle dita o risalire fino alla gamba.
Il dolore può manifestarsi in forma acuta (dopo uno sforzo intenso) o in maniera progressiva. Nei casi meno gravi la sintomatologia permette di continuare l’attività sportiva, altre volte impedisce non solo la corsa ma addirittura la camminata. Tuttavia nei casi meno dolorosi, proseguire l’attività sportiva trascurando la fasciste plantare è sconsigliato poiché la patologia non regredisce spontaneamente e può peggiorare con le sollecitazioni dell’allenamento.

Tecarterapia nella Fascite plantare

Gli ultrasuoni sono onde  che hanno una frequenza di 20 kHz, pertanto impossibile da rilevare per l’orecchio umano. Tramite il loro effetto piezoelettrico possono essere prodotti artificialmente sfruttando un quarzo o un disco di materiale ceramico.

Un apparecchio per ultrasuonoterapia è quindi costituito principalmente da un generatore di tensione elettrica alternata (un oscillatore operante a 1 MHz e/o 3 MHz) che alimenta, tramite un opportuno cavo, un applicatore in cui è inserito il trasduttore piezoelettrico, al quale spetta il compito di convertire l’energia elettrica in energia meccanica.

L’effetto terapeutico degli ultrasuoni è sostanzialmente dovuto a quattro differenti effetti, in grado di agire in sinergia.

  1. Effetto termico, che consiste in un innalzamento della temperatura dei tessuti interessati dal trattamento. Questo effetto è dovuto sia all’assorbimento dell’energia meccanica associata all’ultrasuono da parte dei tessuti stessi, sia a fenomeni di riflessione dell’onda acustica, che si manifestano in prossimità di un’interfaccia tra tessuti a diversa impedenza acustica.
  2. Effetto meccanico, che consiste in un micromassaggio ad alta frequenza, determinato dal movimento delle particelle dei tessuti attraversati dall’onda ultrasuonica.
  3. Effetto chimico, che consiste in una parziale modifica del pH locale e della permeabilità delle membrane cellulari. Questo effetto è dovuto alle notevoli accelerazioni a cui sono state sottoposte le cellule interessate dall’onda acustica.
  4. Effetto di cavitazione, che consiste nella generazione, in un fluido, di piccole bolle del gas ivi disciolto.

Il ricorso alla tecarterapia nella fascite plantare è risultato efficace, in recenti studi, specie se ad immersione. Si è fatta inoltre una comparazione tra la terapia con ultrasuoni e la terapia con le onde d’urto, di certo più invasiva. La conclusione di questo studio è stata la seguente: «Gli ultrasuoni sono efficaci come le onde d’urto nel trattamento della fascite plantare.

MODALITÀ DI TRATTAMENTO

La terapia con gli ultrasuoni può essere somministrata con due diverse modalità: a contatto diretto, con testina mobile o fissa, e ad immersione.

Tecarterapia e fascite plantare

La modalità a contatto diretto, utilizzata più frequentemente, consiste nell’applicazione della testina emittente a diretto contatto della cute con l’interposizione di una sostanza (di solito un apposito gel conduttivo) per favorire da un lato la trasmissione tra testina e cute e dall’altro l’aderenza, lo scivolamento e l’eliminazione di possibile aria frapposta fra cute e trasduttore che potrebbe ostacolare, per la sua capacità riflettente, la trasmissione dell’onda ultrasonica.

Nella tecnica a testina mobile, il trasduttore, applicato con una leggera pressione, viene fatto scorrere con movimenti brevi di 3-4 cm, perpendicolari gli uni agli altri, o con movimenti circolari, aventi campi d’azione di 30-40 cm2 al massimo.

Nelle articolazioni particolarmente voluminose, come l’anca e la spalla, i campi di trattamento dovrebbero essere tre: anteriore, laterale e posteriore, perché per l’interposizione dell’osso non è possibile un solo trattamento efficace su tutta la struttura.

Nella tecnica a testina fissa, quest’ultima viene posta sulla zona da trattare con uno stativo che la sostiene e la tiene a contatto con la pelle per l’intera durata della terapia con l’interposizione di un gel elettroconduttivo.

Con questa tecnica si ottengono rapidi aumenti della temperatura in una zona molto circoscritta, mentre il rimanente campo non è riscaldato; è richiesta pertanto una minore potenza di erogazione o una emissione pulsata.